Nuovo Mercato Esquilino (ex Piazza Vittorio)

copertina baccala
icona alimentareicona abbigliamentoEra uno dei mercati più suggestivi della città. Disposto intorno alla piazza, all'aperto con le bancarelle su due file, divise per generi con un'attenzione al prezzo contenuto e una predisposizione alla teatralità (le urla fra commercianti, gli inviti all'acquirente). Per più di cento anni ha fornito il quartiere Esquilino e in realtà tutta Roma di salumi, formaggi, carne, frutta, verdura, fiori.

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Tra i banchi del mercato

4Realizzato alla fine dell'Ottocento, non lontano dalla stazione Termini era un luogo di grande passaggio, dopo una prima sistemazione nel 1913, il mercato continuò a prosperare durante il Fascismo e sopravvisse alla guerra e alla borsa nera che si faceva sotto i portici. Nel dopoguerra il mercato riprese a crescere mentre gli amministratori comunali cominciavano a pensare ad una sistemazione al coperto, allarmati dalle condizioni igieniche, ma senza che per decenni il pensiero si mutasse in azione. Nel mentre il quartiere si trasformava sempre più in un luogo multietnico e il mercato cominciava a colorarsi di nuovi colori, a profumare di nuovi odori e soprattutto a proporre nuovi sapori: dalle spezie più penetranti agli ortaggi dalle forme più bizzarre. Fino al 15 settembre 2001 quando le bancarelle si alzarono sulla piazza per l'ultima volta e i banchi vennero trasferiti nel nuovo mercato Esquilino.
Ora il nuovo mercato Esquilino, gestito da una cooperativa che raccoglie i rivenditori, si trova nell'ex caserma Sani a cui si può accedere da quattro ingressi via Principe Amedeo, via Mamiani, via Turati, via Lamarmora (con due possibilità di parcheggio: quello sotterraneo sotto il mercato e quello accanto all'hotel Radisson).6 Spaghetti cinesi e salse di soia, salumi e carni romeni, ortaggi dai nomi impronunciabili come Tapashi e Cassua, spezie da tutti gli angoli del mondo e riso di tutte le forme, le dimensioni, i profumi sono solo alcuni dei prodotti che potrete trovare. Commercianti multietnici e clientela multietnica. Spesso dietro il banco trovi persone nate in luoghi molto lontani che hanno imparato a convivere e a condividere come Patrizia, Pino e Akim impegnati nel loro banco di alimentari dalle olive sfuse al baccalà. E se più facilmente i cinesi acquistano dai cinesi, i bengalesi dai bengalesi, i senegalesi dai senegalesi, certi di capirsi e di trovare gli ingredienti giusti per le loro cucine, è divertente osservare le miscellanee... Signore col velo che acquistano prodotti cinesi, coppie dagli occhi a mandorla in fila dai pescivendoli indiani, casalinghe romane che acquistano dal macellaio halal musulmano. Tra i giochi più divertenti da fare al mercato c'è la caccia all'errore di ortografia sui cartelli di frutta e verdura: la bieda laziale, l'rncha siciliana, la cikoria...
Tra i banchi che nel corso degli anni mi sono rimasti nel cuore: c'è un macellaio che, anni prima del boom delle "galline allevate a terra", ti mostrava le foto del suo pollame che correva felice nell'aia prima di finire arrosto e un ortolano che definisce la sua agricoltura “tradizionale”, perché segue i cicli stagionali e propone solo ortaggi nel massimomomento della loro giusta maturazione. Accanto al mercato alimentare c'è quello di abiti, scarpe, valigie e tessuti. Tra i banchi più interessanti quelli di stoffe indiane dove signore vengono in cerca di materiali per i loro sari. Il motto del mercato "diversità elemento di vita" è il titolo dell'opera dello street artist Mauro Sgarbi sulle pareti esterne del mercato delle stoffe, prima si spera di altre opere che arriveranno a colorare e far vivere lo spazio più multietnico della città. Un altro spazio che val la pena di essere visitato tra un acquisto e l'altro al mercato è il giardino curato dall'associazione Respiro Verde e in particolare dall'artista botanico Massimo che ci spiega: "Qui favoriamo lo scambio di piante, salviamo quelle che per un motivo o per un altro vengono abbandonate e offriamo loro una seconda casa. Vedete quel limone era stato gettato perché creduto morto lo abbiamo fatto rinascere".diversita In questo spazio suggestivo a metà tra il mercato e l'Università ci sono anche tante piante dal significato più che simbolico: basti citare l'albero di kaki proveniente dalla città di Nagasaki, distrutta dalla bomba atomica ma dove semi di questa varietà di kaki sono sopravvissuti. Grazie al progetto dell'artista giapponese Tatsuo Miyajima questi semi e delle piante di seconda generazione viaggiano per il mondo come messaggio di pace.refoodgees 600

Da qualche tempo poi il sabato pomeriggio al mercato è protagonista di un evento speciale, grazie all'associazione Roma salvacibo - Refoodgees. Tutta la frutta e la verdura, ma non solo, invenduta viene regalata il sabato pomeriggio a chi la vuole... un gesto per combattere lo spreco alimentare ma anche un'occasione di scambio. Spesso chi riceve diventa a sua volta volontario, signore di provenienze e culture diverse offrono consulenza e ricette che qualche volta si trasformano in vere e proprie merende. Intanto i bambini giocano grazie all'animazione offerta da altri giovani volontari.

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Il paese di Alice

“Che bella gente ho visto al mercato. Di tutti i colori.
E mi sono divertita a cercare di capire le loro lingue, tanto anche della mia so ancora pochino.
Di bambini ne ho visti parecchi: nei marsupi, nei passeggini, in braccio alla mamma o il papà, anche loro di tanti colori. Ho visto semi, frutti stranissimi, stoffe colorate. Ho sentito degli odori misteriosi, ma poi ho fatto un sacco di capricci per una banana.2
Ho sentito dire dalla mia mamma che quando è arrivata a Roma, il mercato di Piazza Vittorio era all'aperto, più verace, più confusionario e forse anche un po' più sporchetto. Mi sa che a lei piaceva più prima, ma a me questo mercato di tanti paesi è piaciuto moltissimo''.

Quattro passi più in là

portaOra che la piazza è libera dal mercato, al quartiere è stato tolto un po' del pittoresco che lo contraddistingueva, ma al visitatore è stato restituito il piacere di riscoprire alcune delle sue attrattive per lungo tempo nascoste tra le bancarelle. Fra tutte, la più intrigante è senz'altro la PORTA MAGICA (o PORTA ALCHEMICA), che fa mostra di sé nell'angolo settentrionale dei giardini, piantonata da due statue del dio egizio Bes. Con le sue enigmatiche iscrizioni in ebraico e in latino, i suoi simboli e la sua storia avvincente e piena di mistero, la porta è una vera e propria tappa obbligata per gli amanti dell'occultismo. Un tempo era un ingresso secondario della villa che a metà del 1600 si fece costruire il marchese Massimiliano II Palombara, e che per volere del nobiluomo ospitò maghi e scienziati (e anche ciarlatani), che condividevano con il padrone la passione per l'alchimia e la ricerca della pietra filosofale, capace di trasformare vili metalli in oro. Leggenda vuole che un misterioso pellegrino avesse trovato la formula, e che il marchese l'avesse fatta trascrivere sugli stipiti della porta. Per l'interpretazione delle epigrafi, e per tutti i miti fioriti intorno alla porta (in cui trovano un ruolo personaggi come la regina Cristina di Svezia e il conte di San Germano) vi rimandiamo alla vastissima letteratura in materia; ci soffermiamo solo sul simbolo del frontone, vera e propria delizia per gli amanti del genere. Raffigura infatti il cosiddetto “sigillo di Salomone”, con i due triangoli incrociati a formare la stella di Davide, sormontata da una croce latina e arricchita nella punta inferiore dall'oculus, l'occhio simbolo alchemico del sole e dell'oro.

Dopo questa indigestione di esoterismo, è il caso di muovere i propri passi verso uno dei simboli arcodella cristianità, la Basilica di S. Maria Maggiore, concedendosi però almeno un paio di deviazioni, lungo la via. La prima, per affacciarsi su un meraviglioso scorcio dell'Urbe antica, un poco soffocato dagli alti palazzi della Roma umbertina: l'ARCO DI GALLIENO, sorto dove al tempo del re Servio Tullio si apriva la Porta Esquilina, uno degli ingressi della città. L'Arco, addossato alla chiesa dei SS. Vito e Modesto, oltre a celebrare le imprese dell'imperatore di cui porta il nome ha avuto nei secoli anche una funzione in qualche modo legata al commercio: a metà del 1400 papa Niccolò V lo indicò come limite della zona franca per chi voleva vendere generi di conforto ai pellegrini diretti a S. Maria Maggiore. Del resto, l'intera area ai tempi di Augusto non era che un grande mercato alimentare, il Macellum Liviae, che valse alla chiesa lì sorta il nome popolare di “S. Vito in macello”.

Prima di concludere a S. Maria Maggiore anche il nostro pellegrinaggio, vale la pena mettere piede in un'altra, più piccola basilica, quella di SANTA PRASSEDE, una chiesa che custodisce molte maestose cappelle e almeno un paio di santaprassedecuriosità. La prima è la “colonna della flagellazione”, dove si ritiene sia stato torturato Gesù Cristo prima della crocifissione (una “primizia” rivendicata però anche da altre chiese, a Gerusalemme, Venezia, Padova, Ancona e Toledo), portata dalla Terrasanta – ironia della sorte – da un cardinale della famiglia Colonna! La seconda nota di interesse è la particolare aureola quadrata che – nel mosaico dell'abside – avvolge il capo di papa Pasquale I: ebbene, è la forma tradizionalmente adottata per raffigurare le aureole di personaggi ancora viventi al momento della realizzazione dell'opera, in modo da distinguerli dai Santi già ascesi al cielo, e dotati della consueta aureola tonda.


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DOVE via Principe Amedeo 184
GIORNI DI APERTURA lunedì - sabato
ORARIO Alimentari - Lun- Merc- Gio 5:00-15:00 / Mart – Ven – Sab 5:00 – 17:00
PARCHEGGIO coperto sotterraneo sotto il mercato e quello dell'hotel Radisson
metro

linee A (fermata vittorio emanuele)