Mercato di Campo de' Fiori
E' sicuramente uno dei più antichi mercati, se non il più antico in assoluto della città dal momento che già nel 1869 Campo de' Fiori era al centro del commercio delle "vignarole", signore che venivano tutti i giorni dalla campagna con le loro erbe e i loro ortaggi e spesso le "capavano" (cioé pulivano) direttamente in piazza. All'inizio della sua storia il mercato di Campo de' Fiori era luogo di commercio quasi esclusivo di frutta e verdura, poi con il tempo si sono aggiunti i banchi della carne, dei fiori, del pesce. Sulla sua piazza si sono susseguiti personaggi straordinari a cui si sono ispirati Mario Bonnard, Federico Fellini, Tullio Pinelli nello scrivere insieme allo stesso Aldo Fabrizi, a guerra ancora in corso, la storia d'amore e bancarelle del pescivendolo Peppino (Fabrizi) e della fruttarola Elide (Anna Magnani), che tra competizione commerciale e feroci battute finiscono per innamorarsi.
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Tra i banchi del mercato
Oggi il mercato è molto cambiato, diviso fra realtà che appartengono a due anime diverse della città: la Roma di chi ci vive e cerca nel Campo un grappolo d'uva, un chilo di patate ma anche un po' della città che non c'è più, e poi quella di chi ci passa da turista, da visitatore in cerca del mito, dell'immagine che la Capitale - attraverso cinema, arte, poesia - ha diffuso nel mondo. Così se nel nucleo centrale dei banchi sopravvivono i commercianti storici di frutta, verdura, formaggi, salumi e pesci, tutto intorno è un proliferare di bancarelle con preparati già pronti di spezie per carbonara, amatriciana, "pasta ciociara", cacio e pepe; oppure buste di risotti già pronti e paste tricolori dai nomi che strizzano l'occhio al turista: Roma Antiqua, Sapori italiani e persino Campo de' Fiori. C'è chi poi cerca un compromesso fornendo ai visitatori ortaggi tipici della romanità come i carciofi, corredati però da ricette in inglese che forniscono istruzioni per "artichokes jewish" e "roman artichokes", banchi decorati con zucche di mille forme e dimensioni, mazzi di peperoncini e melograni. Insomma per chi cerca un po' del fascino del vecchio mercato il posto è quello giusto, a costo di dar per scontato di pagarlo bene, basti pensare che uno dei verdurai si è conquistato il soprannome di 'Bulgari'.
E' curioso osservare che due protagonisti assoluti di Campo de' Fiori, forse i due personaggi più curiosi e a modo loro emblematici, testimoni delle due diverse anime di cui si parlava, hanno i loro banchi uno di fronte all'altro. Lei è la signora Franca, 80 anni tutti passati a Campo de' Fiori nel banco di frutta e verdura che appartiene alla sua famiglia da 150 anni. "Mia mamma ha fatto crescere 8 figli, tutti nelle cassette della verdura, mica c'erano le carrozzine. Dopo tutti questi anni io sono ancora qui con i miei figli, ma certo il mercato è cambiato". Spirito combattivo, parlantina fluida (che ti racconti della sua merce o della partita della Roma della sera prima), la signora Franca non ha perso un giorno del suo mercato e continua nonostante l'età a proporti la sua frutta e la sua verdura: "Prima di comprare l'assaggi, prenda una clementina, un acino d'uva senta che buona".
Proprio di fronte a Franca c'è il piccolo banchetto di Mustafà, diventato celebre grazie ad alcuni video su YouTube, venditore di uno speciale pelaverdure che taglia carote, patate, zucchine, cetrioli dando loro forme curiose. Ma non è lo strumento il punto di forza del banco di Mustafà, è il venditore stesso che la domenica si trasferisce a Porta Portese. Di origine maghrebina, ma ormai naturalizzato romano, presenta il suo prodotto in uno strano slang alternando dimostrazione pratica e battute da cabarettista ("per chi è a dieta c'è la patata col buco; questo nero è il pollo africano, questo bianco è milanese!"). In fondo il mercato di Campo de' fiori è famoso grazie anche a loro, all'Aldo Fabrizi del cinema in bianco e nero e al mattatore dei social network, protagonista della rete grazie ad un video postato su Facebook e condiviso da migliaia di utenti in poche ore.
Il paese di Alice
"Del mercato di Campo de' fiori quel che mi è piaciuto di più sono i colori. Pure in dicembre c'erano fragole, mirtilli e lamponi accanto a zucche talmente grandi che, mi hanno detto, invece di mangiarle le comprano da esposizione e le spediscono persino in Asia. Accanto alle pesche, alle banane e ai melograni c'erano frutti che non avevo mai visto, come la carambola che – mi ha spiegato la mamma – se la tagli per il lato corto diventa una stella. In un banco poi c'erano solo spezie, sembrava carnevale: come tanti coriandoli verdi, arancioni, gialli, rossi per condire le pastasciutte.
Ma la cosa che mi ha colpito di più sono state delle patate, ma mica patate normali: patate viola. Il signore che l'ha vendute alla mia mamma ha detto che vengono dal Perù... beh ne hanno fatta di strada. Certo erano già piuttosto strane così, ma poi a casa la mamma ci ha fatto il puré, con il latte e il burro le solite cose. Ma quando l'ha portato in tavola era lilla, una tinta stranissima. Io ho guardato la mamma negli occhi e le ho fatto un sorriso... Poteva scordarselo che io mangiassi quel puré".
LA RICETTA DI ALICE: Puré di patate viola
(o meglio patate nere del Perù)
Diciamolo chiaramente: il sapore non è molto diverso (ha un retrogusto che ricorda un po' quello della castagna), ma qui è l'occhio a godere. Se volete far colpo sui vostri commensali anche un piatto semplice come un puré con le patate nere del Perù (chiamate anche erroneamente viola) può essere d'aiuto.
Per quattro persone. Cuocere 800 grammi di patate in abbondante acqua salata e sbucciarle una volta cotte per conservare il colore. Passarle nello schiacciapatate e unirci mezzo bicchiere di latte, 30 grammi di burro, una spolverata di noce moscata. Cuocere a fuoco basso mescolando energicamente finché il puré abbia preso una consistenza morbida e omogenea.
Quattro passi più in là
Ci troviamo nel cuore di Roma, in un punto della capitale dove il nome di questa rubrica prende un significato letterale: facendo quattro passi in qualsiasi direzione è impossibile non inciampare in qualche capolavoro. Percorrendo i pochi metri di via dei Baullari si arriva alla piazza che prima di Campo de' Fiori ospitava il mercato e che il Belli definiva "una campaggna, un treàto (teatro), una fiera, un'allegria", dove "ppe ttutto trovi robba che sse maggna, ppe ttutto ggente che la porta via": è piazza Navona, talmente bella, talmente "inevitabile" che è quasi superfluo segnalarla qui. Meglio concentrarsi su qualche angolo meno noto, nascosto all'ombra dei monumenti più famosi.
Una celebrità del '500 era senz'altro Vannozza Cattanei, amante e poi concubina ufficiale del cardinale Rodrigo Borgia, divenuto in seguito papa con il nome di Alessandro VI. Da lui ebbe quattro figli, almeno due dei quali destinati a restare nella storia, e a produrre fiumi di letteratura: Cesare e Lucrezia Borgia. Ebbene, proprio dietro l'angolo di Campo de' Fiori, al civico 13 di vicolo del Gallo, donna Vannozza gestiva la LOCANDA DELLA VACCA, dove al piano terra si gustava vino e a quelli superiori si provavano altre ebbrezze, in gentile e remunerata compagnia. E alzando gli occhi verso i piani superiori, si può ancora ammirare lo stemma nobiliare di Vannozza, arricchito dalle insegne araldiche dell'ultimo dei suoi quattro mariti e del più illustre dei suoi amanti, il toro del papa Borgia.
Quattro mariti e un amante potente quanto facoltoso non potevano che tradursi in un infinito numero di traslochi. Tra i palazzi in cui Vannozza ha abitato, il più vicino a Campo de' Fiori è senz'altro quello al 65 di via del Pellegrino, ma vi suggeriamo di arrestare i vostri passi qualche metro prima, e di attraversare l'arco che si apre alla vostra sinistra: si chiama ARCO DEGLI ACETARI, e si apre in una piazzetta in cui il tempo sembra essersi fermato. Non ci sono monumenti da ammirare, ma solo la suggestione di una Roma ormai quasi del tutto scomparsa.
E' impressa invece in ogni angolo, incancellabile, l'impronta barocca della città. Uno dei suoi geni incontrastati è senza dubbio Francesco Borromini, artefice di alcune delle più straordinarie chiese della capitale, molte delle quali – da Sant'Agnese in Agone e Sant'Ivo alla Sapienza - raggiungibili in pochi minuti da Campo de' Fiori. Ma è verso un capolavoro profano dell'architetto ticinese che vi invitiamo a dirigere i vostri passi. E' visibile dal chiostro di PALAZZO SPADA, in piazza Capodiferro, accanto a piazza Farnese.
Si tratta di una galleria di colonne che culmina con una statua raffigurante il dio Marte. A occhio il colonnato si direbbe lungo una cinquantina di metri, e la statua a grandezza naturale. A occhio, perché in realtà si tratta di uno stupefacente trompe-l'oeil, uno scherzo prospettico: la galleria è infatti lunga appena 8 metri. E se volete scoprire le reali dimensioni del dio Marte, ma non volete pagare il biglietto di ingresso, vi basterà appostarvi nel chiostro e aspettare che un visitatore del palazzo si accosti alla statua: vi accorgerete con un sobbalzo di stupore che non supera i 60 centimetri. Ma in tutta franchezza, il nostro consiglio è di pagare il biglietto: vi permetterà di ammirare la meravigliosa collezione di quadri (Guido Reni, Brueghel, Tiziano, Durer, Rubens, Caravaggio) del cardinale Spada, e la statua di Pompeo Magno ai piedi della quale si crede sia stato pugnalato a morte Giulio Cesare.
DOVE | Campo de' Fiori |
GIORNI DI APERTURA | Lunedì - Sabato |
ORARIO | 7:00 - 14:00 |
PARCHEGGIO | sconsigliato |
AUTOBUS | dalla stazione Termini, Linea 64 Dal Colosseo, Linea 87 o 186 |