Mercato dell'Unità
Costruito sull'arteria commerciale di via Cola di Rienzo, il mercato coperto di Piazza dell'Unità nel quartiere Prati è stato realizzato nel 1928 in stile neoclassico con un portale monumentale che si affaccia su via Cola di Rienzo e torrette agli angoli dell'edificio.
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Tra i banchi del mercato
Fino alla seconda guerra mondiale il mercato si sviluppava su due piani: nell'interrato (dove ora è stato realizzato il garage) trovavano posto i banchi del pesce e le pizzicherie, mentre a piano terra si vendeva frutta e verdura. Ma la vera chicca del mercato dell'Unità negli anni Trenta era la pista di pattinaggio realizzata sul tetto, prima in tutta Europa, svago e attrattiva fino allo scoppiare della guerra.
''Il mercato esisteva anche prima del '28, per strada. Mio nonno già aveva il suo banco negli anni Venti; – racconta Vittorio Mariani, presidente della Cooperativa creata nel 1989 per raccogliere i commercianti – ogni mattina arrivava con il suo carretto, pagava la sua quota giornaliera e la guardia gli forniva un biglietto, di un colore diverso ogni giorno. Poi con la costruzione del mercato coperto i bancaroli divennero stanziali''.
Il mercato, che negli anni Sessanta vantava più di 130 esercizi, ormai ridotti oggi a non più di trenta, per cinque anni tornò poi in strada tra il '72 e il '77 quando l'edificio fu ristrutturato. “C'erano quattro grandi fontane all'interno – racconta Vittorio – quattro teste di lupa che buttavano acqua, ma con il restauro vennero smantellate''. Oggi il mercato pur rimanendo sulla direttrice che porta a San Pietro, e quindi meta di turisti e pellegrini oltre che di residenti, subisce la forte concorrenza della grande distribuzione. ''Noi commercianti sopravviviamo grazie alla clientela storica e a una serie di trattorie e ristoranti che serviamo – racconta Vittorio''. Gli fa eco Gianni, che il suo banco di frutta e verdura lo ha ereditato dalla mamma: “Il vero problema è il ricambio generazionale. I figli, come i miei, oggi studiano, vanno all'università. Nessuno ha intenzione di rilevare il banco dei genitori''. Ed è un vero peccato.
Per fortuna ci sono altre due famiglie che invece hanno invertito la tendenza, sono la pescheria gourmet Fish & Chic e la macelleria Il Boss della carne. Sul fronte pesce il papà Peppe, la figlia Simona, lo zio Marco, la zia Carmela ("che è napoletana e ha le mani d'oro") e la mamma Cinzia hanno messo su una vera e propria azienda di famiglia con la collaborazione di Elton, un ragazzo capoverdiano specializzato in sfilettatura del pesce. Peppe ha la sua pescheria al mercato da 25 anni: "In questi anni è cambiato molto, i banchi erano tutti pieni oggi ce ne sono molti chiusi - ci dice - colpa della mancanza di ricambio generazionale". Nel caso della loro famiglia però questo non è vero perché Simona,
dopo aver visitato i mercati in stile Boqueria di Barcellona ha messo da parte il suo mestiere precedente e si è gettata in questa nuova avventura: "Qui la qualità del servizio è sempre stata molto alta - ci dice - papà va ogni giorno all'asta a Anzio e propone solo un prodotto freschissimo, Elton lo pulisce... è il miglior sfilettatore di Roma. Fin da piccola mi sono sempre detta: manca solo che glielo cuciniamo. Così ho portato un po' di esperienza del mio lavoro di marketing nell'attività di famiglia, abbiamo creato un laboratorio e stiamo avendo un'ottima risposta con tutti i nostri pronti e preparati. Per fortuna abbiamo la clientela storica di mio padre che è curiosa verso questa nuova proposta". E così hamburgher e cotolette di pesce, insalata di polpo, lasagnette ai gamberetti, cozze al sughetto... Ogni giorno un prodotto diverso a seconda di quello che offre il mare.
Stessa storia, ma ambientata nel mondo della macelleria per Il boss della carne, dove il papà Giuseppe con la mamma Emilia e i figli Federica e Michele lavorano insieme. Accanto al banco tradizionale del papà, presente al mercato dal 2000, ci sono i pronti a cuocere preparati freschi ogni giorno da mamma e figlia. "Il nome del banco lo abbiamo trovato noi figli - racconta Federicache dopo anni a fare la commessa per altri ha scelto di lavorare con la sua famiglia - e poi un amico fumettista di mio fratello gli ha fatto la caricatura. La carne di papà viene lavorata da noi sia come crudo che cotto, così serviamo sia quelli che portano a casa qualcosa di quasi pronto per cena ma anche chi viene qui in pausa pranzo".
Il paese di Alice
“Dopo essere stata al mercato di Piazza Unità ho fatto un sogno stranissimo. Camminavo per una lunga via piena di sole, era una bella mattina d'estate. Intorno a me tante persone: adulti, bambini... tutti vestiti in un modo molto strano. C'era una bambina con un vestitino bianco con un buffo colletto e un cappellino, come non avevo mai visto, e poi un ragazzo con i pantaloni corti, ma mica quelli che chiamano “short”, dei pantaloncini attillati.
Dopo un po' ho capito che stavo camminando in via Cola di Rienzo, ma nessuno mi vedeva... e neppure sentiva. Mi sono avvicinata ad un carretto dei gelati e ho chiesto un cono al cioccolato, ma l'omino non mi ha degnato di uno sguardo. Va detto che anche lui era vestito un po' strano con un buffo cappello in testa, ma il gelato sembrava buonissimo. Mannaggia!
Poi ho continuato a camminare e sono arrivata all'ingresso del mercato. Dentro: un vociare assordante, un tripudio di frutta, verdura, fiori e un via vai di gente come non avevo mai visto al mercato dell'Unità. Ho visto un gruppo di bambini correre felici attraverso il mercato e arrampicarsi su per delle scale. Li ho seguiti fin sul tetto del mercato e lì, visione: ho visto decine e decine di bambini, ragazzini, giovani donne e uomini volteggiare felici stringendosi la mano, rincorrendosi, facendo dei gran ruzzoloni. Tutti con strani cappelli, strani vestiti, strane pettinature, ma che belli che erano... non mi vedevano e non mi sentivano, ma io volteggiavo fra loro, felice. Sono stata lì sul tetto fino a sera, poi ho ridisceso quelle scale. Ho visto le lampade in ferro battuto spegnersi e sono tornata verso casa. Nelle strade tutti parlavano fitto, alcuni preoccupati, altri esaltati, altri ancora pieni di timore... ho capito che era successo qualcosa di importante e ho cominciato ad ascoltare. Non capivo tutto, ma venivano pronunciati dei nomi che non avevo mai sentito prima: Mussolini, Hitler, Churchill... si parlava di dichiarazione di guerra, occupazione e rifugi antiaerei. Poi ho sentito un uomo dire: “Questa giornata ce la ricorderemo: 10 giugno 1940”. Lì mi sono svegliata”.
La vignarola di Cesarina
La vignarola è un piatto tipico romano il cui nome viene proprio dai vignaroli, ovvero i contadini che venivano dalla campagna per vendere i loro prodotti. Al mercato dell'Unità di Prati l'unica "vignarola" rimasta è proprio Cesarina che con i suoi familiari ha la terra a Tor Tre Teste.
Tagliare finemente una cipolla e farla rosolare in padella con olio extravergine d'oliva, aggiungere il guanciale tagliato a cubetti e rosolarlo finché diventa croccante. Contemporaneamente aggiungere fave, piselli ("sani") e carciofini tagliati sottili, salare. Cuocere a fuoco basso con un coperchio senza aggiungere nè acqua nè vino. In una mezz'ora dovrebbe essere cotta.
Quattro passi più in là
Come il mercato Trionfale, anche quello di piazza dell'Unità è a quattro passi dal Vaticano. E proprio da lì partiremo per arrivare al monumento simbolo del quartiere Prati: il Castel Sant'Angelo. E per arrivarci seguiremo la stessa strada che per secoli hanno utilizzato i pontefici per sfuggire alle invasioni barbariche (Clemente VII) o per andare a trovare di nascosto le loro amanti (Alessandro VI Borgia): il PASSETTO DI BORGO. E' il passaggio sopraelevato che collega i palazzi Vaticani con la fortezza sorta sull'antico mausoleo di Adriano. La passeggiata, che corre lungo la camminata di ronda delle mura leonine, non è di solito aperta al pubblico, ed è possibile solo in occasione di aperture “eccezionali”. A meno di non voler imitare le gesta di Robert Langdon, l'eroe dei romanzi di Dan Brown, che vi si inoltra di soppiatto in una delle scene clou di “Angeli e demoni”. Non aspettatevi però di sbucare direttamente della biblioteca privata del Papa: quella è solo una delle tante licenze che lo scrittore americano si è preso per rendere più spettacolare la sua trama! È un'invenzione popolare anche quella che attribuisce al passetto il poter di restituire agli uomini la virilità perduta: del resto, la superstizione che invita a percorrere per 77 volte di fila gli ottocento metri del percorso per ottenere il sospirato miracolo sembra decisamente uno scherzo crudele per maschi disperati e creduloni.
Percorso il Passetto, si arriva al CASTEL SANT'ANGELO, uno dei luoghi più amati dai romani. Uno dei motivi è senz'altro il senso di serenità e sicurezza che infonde la statua dell'arcangelo Michele, posta in cima alla fortezza in ricordo della visione che annunciò a Papa Leone Magno la fine della peste a Roma nel 590. Nel corso dei secoli, le celle del castello hanno ospitato detenuti illustri, da papa Paolo III al conte di Cagliostro, dal geniale orafo Benvenuto Cellini a Giordano Bruno, a Beatrice Cenci, la nobildonna giustiziata nella piazza davanti al castello perché accusata dell'omicidio del violento e incestuoso padre, e poi immortalata come eroina popolare grazie alle opere di Shelley, Stendhal e Dumas. Il Castello del resto ben si presta a far da scenografia per drammi romantici: è da queste mura che si getta la Tosca, dopo che il pittore Cavaradossi, suo amante, è stato fucilato, nell'opera di Puccini.
Risalendo dal Castello lungo il Tevere, ci si imbatte in un altro imponente edificio, decisamente meno amato dagli abitanti della capitale: è il Palazzo di Giustizia, meglio noto come il Palazzaccio, un gigante di travertino bianco ben poco in armonia col panorama del lungofiume. Ma il vero pugno in un occhio, un edificio ancora meno in sintonia con l'architettura della capitale, lo troviamo pochi passi più in là: è un'inusitata chiesetta gotica incastonata tra i palazzi umbertini del quartiere Prati. Ma il suo interesse non risiede nell'aspetto, che le è valso il soprannome di “piccolo Duomo di Milano”. È il mistero che custodisce al suo interno: il MUSEO DELLE ANIME DEL PURGATORIO, uno dei più incredibili di Roma, davvero unico nel suo genere. Ancora alla fine dell'Ottocento, dove oggi sorge la chiesa sorgeva una cappella dedicata alla Vergine del Rosario, che andò distrutta in un incendio. Ma quando le fiamme furono spente, su uno dei pilastri dell'altare rimase impressa la sagoma di una testa d'uomo. Un sacerdote francese vide in quell'immagine il segno di un'anima del Purgatorio che cercava di mettersi in contatto con i vivi affinché intercedessero per loro, e decise di mettersi a cercare e raccogliere altre testimonianze simili. Il risultato è in questa raccolta di stoffe, libri e oggetti che recano le impronte di altrettante anime in pena.
DOVE | Piazza Unità 53 / via Cola di Rienzo |
GIORNI DI APERTURA | Lunedì - Sabato |
ORARIO | 6:30 - 19:30 |
PARCHEGGIO | coperto sotterraneo sotto il mercato |
AUTOBUS | linee 70, 81, 186, 280, 193 |
metro | linea A (fermata Ottaviano circa 200 mt, fermata Lepanto circa 350 mt) |