Mercato Trieste
Dopo aver scampato il pericolo che il mercato coperto Trieste (dal nome del quartiere) correva insieme a quelli Metronio e Pinciano di essere abbattuto per fare posto ad un centro commerciale, i commercianti di via Chiana prima hanno tirato il fiato poi si sono arrischiati persino ad aprire nuovi banchi e infine hanno deciso di investire nel rinnovamento e nel rilancio di questo antico mercato rionale.
Tra i banchi del mercato
Tra i commercianti che sono dietro a questo rinnovamento c'è il nuovo presidente che gestisce un banco dal nome suggestivo Terra di Lavoro. "Noi siamo arrivati nel novembre 2012 – spiega Amedeo che gestisce l'attività con Cristina – Prima di avere il banco, producevo il Conciato di San Vittore (un antico formaggio laziale) di conseguenza quando si è ventilata l'ipotesi di uno spazio al mercato ho scelto di aprire un banco specializzato in formaggi artigianali di provenienza esclusiva del nostro territorio e prodotti di filiera corta, quindi Lazio e alto Casertano. Abbiamo anche alcuni salumi anche se è un settore più difficile di quello caseario: teniamo l'antico prosciutto di Bassiano, culatelli artigianali, il prosciutto di Guarcino nel Frosinate, le pancette tese. Lavorare con le piccole produzioni e con la filiera corta è il nostro obiettivo e poi quando è possibile affiniamo. Prendiamo prodotti freschi e li conciamo direttamente noi".
Al di là del banco, molto particolare, di Amedeo e Cristina al mercato Trieste c'è un'ampia scelta: c'è la pescheria "La Paranza" di Alessandro e Laura, la macelleria da Pino, il bar di Antonio, i fiori, gli alimentari, le mercerie, la torrefazione di Antonella e un grossissimo banco di surgelati che sembra quasi un supermercato all'interno del mercato: 54 operatori in tutto. E poi tanti banchi di frutta e verdura, coltivatori diretti come la signora Luciana aiutata dai figli Lorenzo e Giulio che hanno la terra nel Parco della Marcigliana (zona Bufalotta) arrivati ormai alla quarta generazione nel passarsi la mano. Imprese familiari oppure coppie storiche come Piero e Maria (il cui sodalizio è celebrato nel banco da un centrino ricamato con i loro nomi e con un disegno che rappresenta i due giovani sposi uniti da una piramide di frutta), oppure come Clara e Pino che affiancano al loro banco una vera e propria mostra di zucche e peperoncini in un tripudio di colori.
C'è anche chi quasi si schermisce di fronte al proprio banco. "Dovreste tornare quando l'ho sistemato un po' meglio" dice Patrizia con il suo banco di merceria che apparteneva al nonno quando si chiamava ancora chincaglieria, banco passato al padre ("aveva una bella insegna con la scritta luminosa Gabriella e Amedeo che erano i miei genitori") prima di lei. Tre generazioni di commercianti che segnano una linea di continuità, attraverso i decenni, da quando il mercato si faceva per strada fino al passaggio nel 1957 al chiuso fino ad oggi.
Negli anni purtroppo c'è anche chi ci ha lasciato, come la signora Quinta (protagonista della nostra foto di copertina con il suo banco di sole uova), ma anche nuove attività. Al mercato ha aperto un banco l'azienda agricola Altobelli, olio e ortofrutta bio direttamente da Monte Libretti e poi al mercato è arrivato Kaies Arfouni, un ragazzo di origine tunisina che ha messo su un negozio di prodotti di ceramica tunisina, e più in generale nord africana acquistati da lui direttamente dai produttori. Sul fronte abbigliamento invece una curiosità è costituita dal banchetto della fioraia Sara, che propone capi selezionati con un buon rapporto qualità- prezzo, mentre è un trio quello composto da Caterina, Eleonora e Emanuela che sotto il nome delle Mercatanti. Le tre amiche propongono abbigliamento usato, vintage, capi nuovi e borse artigianali create e realizzate da una di loro. Il loro banco-boutique è perfetto per gli acquisti ma anche per una chiacchiera, una tisana calda e un bicchiere in compagnia. Ultima impresa è quella dell'enoteca di Claudia Also Wine che oltre alle birre artigianali, una selezione di ottimi vini regionali e una gamma di liquori e distillati, da qualche tempo ha creato un piccolo ristorantino all'interno del mercato. Cibo da asporto e gastronomia con la particolarità che utilizzano esclusivamente i prodotti del mercato. Un box gastronomico con un suo sito da cui poter fare le vostre ordinazioni, oggi di cosa avete voglia? Torta rustica, pasta, pollo ai ferri?... non dimenticatevi i dolci.
Il paese di Alice
"Quando sono stata al mercato di via Chiana ho conosciuto un signore speciale, gentilissimo. Si chiama signor Pino. Ha un bel banco di frutta e verdura, anzi ce ne ha due: in uno ci sono le sue cose da vendere (l'uva, le banane, le carote, i pomodori... insomma le solite cose dei banchi di frutta e verdura) e nell'altro ci sono le zucche e i peperoncini da esposizione. Che poi lui dice che quello è il banco della moglie, se no poi lei si arrabbia.
Quando sono stata al mercato di via Chiana di tutto il suo banco di frutta mi sono fatta comprare una scatolina di lamponi, erano molto dolci e alla fine del giro avevo tutta la faccia rosso lampone. Poi il signor Pino prima che me ne andassi a casa mi ha fatto un regalo: un pupazzo con una faccia bianco latte, una cresta in testa, due occhi scritti in nero con il pennarello e una riga per la bocca. Soltanto a casa ho capito che era un guanto, gonfiato come un palloncino".
Quattro passi più in là
Tra gli "affluenti" di via Chiana (le strade che vi si immettono hanno quasi tutte i nomi di fiumi) c'è via Tagliamento, dove si affaccia la porta di ingresso a un mondo favoloso (e qui l'aggettivo è da intendersi nel suo significato letterale): è il QUARTIERE COPPEDE', il complesso di edifici che prende il nome dall'architetto fiorentino che nel 1915 diede vita a questo angolo magico di Roma. Magico e anche misterioso, se è vero che il regista horror Dario Argento lo utilizzerà come sfondo a più di un suo film. Il perché è facile da intuire anche visitando il quartiere di giorno. Una volta entrati, non avete bisogno di altri consigli, se non quelli di andare a zonzo tenendo il naso all'insù e gli occhi bene aperti, pronti a cogliere i mille dettagli sorprendenti, le citazioni, i simboli che si susseguono da un palazzo all'altro.
Passando invece il Rubicone (anche in questo caso, si tratta del nome di una strada) e attraversando la via Salaria, la toponomastica ci porta improvvisamente in Belgio: viale Liegi, via Lovanio, ma sopratutto VIA BRUXELLES. Perché "soprattutto"? Perché una passeggiata sui suoi marciapiedi offre lo spunto per incontrare alcune interessanti palazzine del Novecento romano. La più curiosa è sicuramente quella al civico 77, con le sue lineee curve e le pensiline simili alle passerelle di un galeone, che la fanno sembrare una sorta di astronave pirata atterrata sulla capitale. Navigando su Internet, qualcuno azzarda (erroneamente, crediamo) la sua attribuzione ad Andrea Busiri Vici, uno dei tanti esponenti della famiglia di architetti e studiosi che ha lasciato il segno sulla capitale con numerosi villlini e palazzi commissionati perloppiù dall'alta borghesia o dal Vaticano. La sintesi perfetta del loro lavoro è forse la chiesa di San Roberto Bellarmino, nella vicina piazza Ungheria, centro di aggregazione della Roma Nord cattolica e pariolina. Curiosità: fino a quando una fumata bianca non ha annunciato l'elezione di Papa Francesco, il vescovo argentino Jorge Mario Bergoglio ne deteneva il titolo cardinalizio. Restando in via Bruxelles, e volendo ammirare una palazzina senza ombra di dubbio firmata Busiri Vici, basta arrivare al civico 47, o alla villa al numero 56. Ora, risposto al primo "perché", resta un altro interrogativo: perché tanti nomi legati al Belgio proprio in questa zona?
Per la spiegazione suggeriamo di tornare lungo la via Salaria, per poi inoltrarci in uno dei polmoni verdi della città (il secondo parco pubblico, per estensione, dopo villa Pamphilij): stiamo parlando di VILLA ADA. Il nome lo si deve alla moglie del conte svizzero Tellfner, che ne fu proprietario per 25 anni alla fine dell'Ottocento. Ma è all'uomo che riacquistò il parco nel 1904 che si devono i nomi di via Bruxelles, via Lovanio e viale Liegi: si tratta di Re Vittorio Emanuele III, che regalò la villa alla moglie Eelena, e pensò a questo dono "toponomastico" per la giovane nuora Maria Josè, principessa del Belgio, fresca sposa del figlio Umberto. L'intento era forse quello di farla sentire un po' come a casa anche a Roma, ma alla corte dei Savoia la nobildonna non si sentì mai veramente a casa: educata all'arte e alla cultura in un ambiente più aperto e moderno di quello sabaudo, allergica alla rigida etichetta di corte e apertemente contraria all'alleanza con la Germania di Hitler, la principessa restò sempre un corpo estraneo alla famiglia reale, al punto da essere allontanata da Roma durante la Seconda Guerra Mondiale per ordine di Vittorio Emanuele III, irritato dai contatti di Maria Josè con l'opposizione antifascista. E a un episodio chiave del fascismo è legata proprio Villa Savoia (così era stata ribattezzata villa Ada): è qui che Mussolini fu convocato dal Re e fatto arrestare il 25 luglio del 1943, nell'ultimo atto del regime. Oggi villa Ada è una meta ideale più per gli appassionati di natura o jogging che per quelli di storia: gli edifici dei Savoia (come le scuderie reali) sono abbandonati al degrado, e le vere attrazioni sono la rara metasequoia tibetana o i molti scoiattoli che scorrazzano indisturbati nel parco.
DOVE | via Chiana 109 |
GIORNI DI APERTURA | Lunedì - Sabato |
ORARIO | 7:00 - 14:00 |
PARCHEGGIO | privato per i clienti del mercato costo 1 euro per 40 min. |
AUTOBUS | dalla stazione Termini 109, Largo di Torre Argentina 63 |